SLOITA

LA STORIA DEL PREMIO 2018 : ALESSIO ZERIAL

mercoledì, 23 maggio, alle 18:00

Museo degli attori cinematografici sloveni di Divača

Alessio Zerial, vincitore del premio Darko Bratina 2003 ci mostrerà una selezione dei suoi lavori, che testimoniano la realtà di confine dove vive e la varietà di culture che ha incontrato nei suoi viaggi.

Aljoša Žerjal è uno straordinario osservatore del mondo. Attraverso l’obbiettivo della sua cinepresa a 8 mm ha documentato viaggi indimenticabili (Kazakistan, Tibet, Cile, Balcani, Mosca, Vietnam…), il suo paese natio Servola, la zona carsica transfrontaliera e il mondo dell’infanzia. Per le sue prime riprese aveva utilizzato una vecchia cinepresa tedesca Agfa, prestatagli dall’amico Edi Šelhaus, fotoreporter di guerra e cameraman. Ancora oggi osserva il mondo con meraviglia e curiosità, ammira l’uomo e la natura, i capolavori dell’antichità e l’architettura... Continua senza sosta a riprendere e montare i propri film, oggi in formato digitale.

evento

 

vabilo/invito

 

PROGRAMMA

 

Film di Žerjal

Piccole trombe // Male trobente (1962, 4’34’’)

Il tempo non cancella // Čas ne izbriše (1971, 4’55’’)

La strada del sole // Sončna pot (1973, 9’8’’)

Krvava svatba (2002, 22’)

Silk simphony (1’) 

Exibition (1’) 

Trigoloditi: come l’umanit ha scoperto le vocali // Trogloditi: kako je človeško odkrilo samoglasnike (1999, 57’’) 

1918-2018 (2018, 1’)

 

Serie di documentari su Aljoša Žerjal realizzati della Rai Programma Sloveno 

3x30 - Cajt zgubim pri montaži, film se rodi tam (2018, 22') regia di Živa Pahor e Mairim Cheber

 

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Omaggio a un cineamatore

di Denis Valič

Passeggiando per le vie di qualche moderno centro urbano, che si tratti di una città vicino a noi, come ad esempio Ljubljana o Trieste, oppure di una grande metropoli, difficilmente eviteremo un incontro ravvicinato con “persone con la telecamera”. La rivoluzione digitale, infatti, ha inondato il mondo – soprattutto quello urbano, ma non solo – di innumerevoli dispositivi elettronici mobili di diversi tipi, che permettono agli utenti di fare riprese audiovisive, oltre alla funzione primaria di telefonare, leggere o fotografare. Va detto che molti utilizzano questa possibilità, chi con più entusiasmo, chi meno. In ogni caso non si può negare che siamo testimoni di una vera e propria invasione di “persone con la telecamera”. Ed ecco che in noi amanti del cinema sorge inesorabilmente una domanda: siamo forse di fronte a una rinascita del cinema amatoriale? Domanda sensata e giustificata, visto l’improvviso interesse per questa forma di creatività filmica da parte della Slovenska kinoteka, l’ente sloveno per la conservazione e rappresentazione delle memorie cinematografiche (che ha pubblicato un annuncio di raccolta di “filmati locali” su supporti “amatoriali” del passato quali 8-mm, S 8 e 16-mm, proprio come ha fatto l’istituto gemello croato).

Sulla scia di tutto questo assume una dimensione più vasta anche la decisione del Kinoatelje di presentare l’opera del cineasta amatoriale Aljoša Žerjal, vincitore del Premio Darko Bratina nel 2003, nell’ambito dell’evento dedicato ai vincitori delle scorse edizioni, che precede il festival Omaggio a una visione, unico nel suo genere. Questa contestualizzazione dell’evento ci rivela che la scelta di Žerjal significa molto di più di un semplice omaggio al “regista di turno” tra i vincitori precedenti, dimostrando che tale scelta ha un fondamento sensato, professionalmente motivato e creativo al tempo stesso. Inoltre, ci spinge a riflettere sul significato di “filmmaker amatoriale”. Si tratta di una questione tecnologica o di produzione? Di un fenomeno storicamente definito e circoscritto o di una definizione generica? Di un fenomeno caratterizzato dalla radicale riduzione dell’espressività personale (come i turisti che riprendono sempre tutto) o l’impersonalità ne rappresenta solo un aspetto?

Secondo la definizione generale, il film amatoriale è una forma di creatività cinematografica non professionale, realizzata al di fuori della cinematografia “ufficiale”, istituzionalizzata o professionale (quindi al di fuori del fenomeno più vasto dell’industria cinematografica, caratterizzato da una produzione sottomessa al diktat commerciale), che di norma viene presentata al di là degli ambiti istituzionali. Ma questa definizione generica è troppo debole, troppo poco delineata. Infatti, esagerando un po’, si potrebbero considerare come cinema amatoriale anche gli esempi, oggi diffusissimi, di riprese infinite e radicalmente impersonali delle telecamere di sicurezza, quei “film infiniti” ripresi nei negozi in cui possiamo comparire sia noi stessi sia dei potenziali ladri. Dato che oggi proprio questo tipo di “film amatoriale” è il più diffuso (con un po’ di malignità potremmo dire che anche i “moderni film turistici” gli assomigliano molto, filmati di folle infinite che riprendono tutto continuamente), potremmo arrivare alla conclusione che questa “radicale impersonalità” sia una delle caratteristiche principali del cinema amatoriale. Ma ovviamente questa tesi non si avvicina minimamente all’essenza del cinema amatoriale (proprio come i turisti non riescono ad avvicinarsi alla realtà della città, anche se vi puntano contro continuamente le proprie telecamere). È vero piuttosto il contrario: sono stati proprio i film amatoriali a introdurre l’espressività personale nella creatività cinematografica. Per spiegare e motivare questo fenomeno dobbiamo tornare indietro nella storia, che ci aiuterà a scoprire il vero volto del cinema amatoriale.

Anche se molti di noi pensano che gli inizi del cinema amatoriale risalgano agli anni sessanta del secolo scorso, in realtà la storia ci racconta qualcosa di diverso. Il concetto di cinema amatoriale fece la sua comparsa per la prima volta negli anni venti del XX secolo, i suoi inizi e il successivo sviluppo furono favoriti dal momento artistico, ma anche tecnologico. In quegli anni, infatti, sorsero diversi movimenti artistici d’avanguardia che fecero propria la creatività filmica, strappandola alla cinematografia istituzionale e all’industria cinematografica e realizzandola al di fuori di quegli ambiti. Ciò fu reso possibile in primis dalla tecnologia, che seguiva lo sviluppo accelerato e la crescente importanza dell’industria cinematografica, che all’epoca iniziò a introdurre formati più “leggeri” e “trasportabili” (inizialmente 9,5 e 16 mm, poi 8 mm e S8 mm) per aumentare la mobilità, ridurre i costi di produzione e di conseguenza diffondere maggiormente la creatività cinematografica. Tutto ciò portò a una sorta di “democratizzazione” dell’industria cinematografica, ma anche a conferire un ruolo più centrale all’espressività personale. Di fondamentale importanza in questi processi fu proprio il cinema amatoriale, quindi quel tipo di creatività filmica al di fuori degli ambiti della cinematografia “ufficiale” e istituzionale. Fu così che negli anni cinquanta l’idea rivoluzionaria di cinema d’autore si fece strada nella cinematografia.

Negli anni seguenti questa lotta “ai margini”, in cui la diffusione e la qualità artistica del cinema amatoriale aumentarono sempre di più, si inasprì a livello ideologico, fino al punto che “l’aspetto amatoriale veniva equiparato alla libertà creativa e alla levatura morale, mentre il cinema professionale veniva associato alla commercialità e alla mancanza di libertà creativa”, come ha scritto Zdenko Vrdlovec anni fa in un suo contributo. Nel frattempo il cinema amatoriale iniziò ad assumere maggior importanza e a diventare un fenomeno di massa, che ben presto cominciò ad organizzarsi in forme associazionistiche. In giro per il mondo e anche da noi nacquero così i primi cineclub, in cui il cinema amatoriale iniziò a diffondersi, e assieme a lui la cinefilia, l’amore per il cinema.

Proprio uno di questi cineclub, il Club Cinematografico Triestino, è stato per lungo tempo la seconda patria di Aljoša Žerjal. Ma come il cinema amatoriale si sviluppò al di fuori degli ambiti istituzionali (i cineclub come associazioni non formali furono creati solo più tardi e rappresentavano delle forme quasi istituzionali, di norma non professionali e auto organizzate), anche l’attività cinematografica di Žerjal iniziò già prima e in modo del tutto autonomo. Il suo primo film, un documentario sul carnevale di Servola, fu realizzato già nel 1954, quando era un impiegato 26-enne dell’agenzia marittima di Trieste. Anche se era un appassionato di tecnica e si interessava alle novità in questo campo, all’epoca non possedeva ancora una sua cinepresa, che invece gli fu prestata dal leggendario fotografo Edi Šelhaus. Questo tuttavia non limitava Žerjal, che subito dopo realizzò altri film.

Quasi nello stesso periodo, dall’altra parte della Slovenia, a Kranj, Boštjan Hladnik realizzò i suoi primi film amatoriali, e assieme a Žerjal si fece conoscere anche in ambito internazionale, dove stava sorgendo interesse per il cinema al di fuori degli ambiti istituzionali e venivano organizzati i primi festival dedicati a questo tipo di creazioni cinematografiche. La vera fioritura delle produzioni amatoriali iniziò però con gli anni sessanta, per continuare poi fino alla fine degli anni settanta. I cineclub in cui numerosi filmmaker amatoriali si incontravano, si aiutavano e si scambiava le conoscenze andavano moltiplicandosi anche in Slovenia (il più grande cineclub era quello di Ljubljana). Ma queste non erano le uniche fonti della creatività cinematografica amatoriale, che spesso trovava posto anche nell’ambito di gruppi di neoavanguardia, come ad esempio il gruppo OHO, o nei circoli letterari e artistici (tali esempi sono numerosi nella storia, come il pittore Božidar Jakac che, proprio come Aljoša Žerjal, non partiva mai senza la cinepresa, con cui riprendeva luoghi e genti, anche se le sue riprese risalgono perlopiù al periodo prima e durante la seconda guerra mondiale). La serie dei film amatoriali sloveni più famosi nacque proprio grazie agli incontri tra diverse personalità creative, ripresi da Karpo Godina.

Anche la storia del cinema sloveno comprende quindi un ricco paragrafo sul cinema amatoriale. Gli autori, a dire il vero, non sono numerosi: oltre a quelli già citati vanno ricordati ancora Vasko Pregelj, il cui lascito è molto vasto, proprio come quello di Žerjal, ma purtroppo tuttora poco noto, Tadeja Horvat e Naško Križnar, che collegò questo tipo di creatività con il mondo accademico, poi Vinko Rozman con il suo indimenticabile saggio lirico “sul giocatore di pallacanestro”. Seguirono poi Marko Feguš e tra gli ultimi Miha Peče. Nell’ambito della produzione cinematografica contemporanea, le opere di Jure Meden rivelano un approccio molto simile, sia dal punto di vista concettuale che di produzione.

Già dai nomi citati (e la visione delle loro opere non può che confermarlo) è evidente che si tratti di personalità creative estremamente diverse. Così è anche la produzione cinematografica amatoriale: ricca, eterogenea e decisamente variegata. E uguale è l’impressione che si ha visionando il ricco e diversificato opus di Aljoša Žerjal: sembra come se abbia ripreso tutti e tutto ciò che ha incontrato nella vita, puntando la telecamera verso ciò che suscitava in lui anche il minimo interesse. Dalla sfilata di carnevale di Servola, ai paesaggi carsici che lo ispiravano e appassionavano, alla gente del posto, ma anche a luoghi lontani visitati durante i suoi viaggi (Vietnam, Tibet, Patagonia). Riprendeva sia gli sportivi, dalle pattinatrici alle giocatrici di pingpong, sia gli artisti (ad esempio Černigoj e Spacal), i musicisti e gli spettacoli teatrali. Tuttavia va detto che la maggior parte delle sue opere solo occasionalmente va al di là delle semplici impressioni visive o della mera registrazione di fatti, grazie a una composizione affascinante o all’uso sapiente di luci e ombre.

Ma tra le sue opere troviamo anche film che affascinano e conquistano con la loro ambizione artistica. Ad esempio, quando riprendeva i pittori citati sopra, ha cercato di avvicinarsi al loro mondo a livello visivo, cercando di riprodurlo creativamente nelle immagini del film. In alcune riprese documentaristiche è notevole il suo lirismo e il suo autentico calore umano. A volte dimostra delle ambizioni più elevate anche a livello narrativo, non limitandosi semplicemente a raccontare tramite il montaggio delle riprese grezze, bensì dedicandosi alla regia del racconto da lui concepito. In questo senso è affascinante la scena di due suonatori di tromba che fanno la corte a una bella ragazza. Purtroppo, però, questo tipo di ambizioni si ritrovano sempre meno nelle sue opere successive, e le sue riprese di viaggi sono spesso dei semplici appunti filmati.

Proprio quest’aspetto rivela un’altra caratteristica fondamentale del cinema amatoriale, ossia la sua determinabilità concreta sia dal punto di vista storico che tecnologico. Possiamo quindi datarlo dagli anni cinquanta fino a metà degli anni ottanta, quando si verificò uno dei primi cambiamenti tecnologici più radicali, quando cioè la pellicola fu sostituita prima dalla tecnologia video e in seguito da quella digitale.

In conclusione possiamo dire che dalla metà degli anni cinquanta fino alla fine degli anni ottanta Aljoša Žerjal ha avuto un ruolo chiave nella creazione del cinema amatoriale sloveno e italiano, mentre oggi crea qualcosa che assomiglia al cinema amatoriale, ma al tempo stesso ne differisce notevolmente.