SLOITA

Tutto ciò che è mio, lo porto con me. La valigia del profugo

Progetto formativo del Kinoatelje

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Per gli strumenti didattici del progetto “Tutto ciò che è mio lo porto con me. La valigia del profugo” clicca QUI.

 

Conoscere il passato per capire il presente – potremmo sintetizzare in questa frase le attività svolte nell’ambito del progetto formativo del Kinoatelje Tutto ciò che è mio, lo porto con me. La valigia del profugo, svolto con il supporto della Regione Friuli Venezia Giulia e dall’Ufficio governativo della Repubblica di Slovenia per gli sloveni d’oltreconfine e nel mondo. Vi hanno partecipato i ragazzi delle scuole elementari, medie e superiori di Gorizia, Trieste, Doberdò e San Pietro al Natisone, coinvolti in una serie di incontri, proiezioni cinematografiche e workshop. Con la partecipazione a queste attività i ragazzi hanno avuto l’opportunità di sviluppare uno spirito d’osservazione critico nei confronti della società odierna aumentando così la capacità di capire ciò che ci circonda.

Quando i concittadini di Biante fuggivano dalla propria città, portandosi appresso tutto ciò che riuscivano a raccogliere, si meravigliavano di lui che partiva senza alcun bagaglio. “Tutto ciò che è mio, lo porto con me”, disse Biante, vale a dire che la vera ricchezza dell’uomo sono il sapere e la saggezza. Le parole del saggio hanno ispirato il titolo del progetto formativo del Kinoatelje.

I rifugiati sono un tema del quale i media parlano quotidianamente. Ma questo non è niente di nuovo, al contrario. Se ci limitiamo al nostro territorio possiamo citare indubbiamente le migrazioni di massa che sono avvenute dopo l’instaurazione del Fronte d’Isonzo nel 1915. Ben 190.000 persone abbandonarono questi luoghi e si rifugiarono gli uni all’interno dell’Impero Austro-Ungarico, gli altri invece in Italia. Partiamo quindi dal presupposto che la conoscenza del nostro passato può aiutarci a capire gli avvenimenti attuali collegati alle migrazioni.

La storia si ripete. Nel passato erano i nostri antenati a dover emigrare per motivi di guerra, ora siamo noi ad accogliere i profughi. Non capiamo la loro lingua, la cultura, il loro sistema di valori. Non conosciamo i loro desideri né la loro sofferreza. E forse proprio il destino comune da rifugiati potrà aiutarci a capirci a vicenda.

La valigia, simbolo di partenza, raccoglie tutto ciò che ci è più necessario. Simboleggia la speranza in un futuro migliore. E come Biante partì “solo” con il proprio sapere e la saggezza, così anche i ragazzi che hanno partecipato al progetto hanno riempito la valigia del profugo con diverse esperienze, incontri e attività.

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Proiezioni cinematografiche

Una pelle color miele, reg. Jung, Laurent Boileau, Belgio/Francia, 2012, 75 min.

Il film è stato girato in base alla graphic novel autobiografica del famoso fumettista belga Jung. Con un intreccio di animazione e spezzoni di video familiari, ma anche di immagini d’archivio, svela la vita di un bambino corano adottato che per tutta la vita si troverà scisso tra due culture. Una storia poetica, commovente e da un’humor delicato sulla ricerca eterna della propria identità ha ricevuto il premio del pubblico al festival di Annecy. I ragazzi che hanno partecipato al progetto hanno letto la graphic novel e poi hanno visto anche il film dallo stesso titolo.

Destinazione Serbistan, regia Želimir Žilnik, 2016, 94 minuti

Un docu-dramma, nel quale i profughi che provengono dalle regioni devastate dell’Africa e del Medio Oriente ricostruiscono scene della loro vita e così ci aiutano a entrare nel mondo intimo delle persone costrette ad affrontare odissee impressionanti. Nelle contraddizioni della «fortezza europea», dell’«Europa dei diritti umani» ci si svelano le facce di un numero enorme di profughi, dai media spesso rappresentati come una massa anonima, astratta, senza volto.

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I ragazzi hanno riposto nella valigia del profugo anche un elenco di film su questa tematic a loro disposizione nel Palazzo del Cinema.

Presentazione del libro Nel campo di Bruck 1915-1918: in occasione del centenario

Le scuole hanno ospitato degli incontri con il ricercatore e pubblicista Vili Prinčič che ha presentato il libro Nel campo di Bruck, nel quale presenta i dettagli della vita da profugo nei campi allestiti dall’Austro-Ungheria durante la prima guerra mondiale per risolvere la problematica dei profughi.

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I giovani goriziani hanno visto anche la mostra fotografica Altrove, 1915-1918 memorie dal campo di Wagna e altre storie di profughi, allestita negli spazi della Fondazione cassa di risparmio.

In collaborazione con la Biblioteca nazionale slovena e degli studi è stato stilato un elenco di materiale aggiuntivo che tratta i temi dei profughi e delle identità culturali, anch’esso inserito nella valigia del profugo.

Gli incontri con i residenti del centro di accoglienza di Gabrje e la visita dei profughi nelle scuole partecipanti ha offerto ai giovani un’esperienza diretta, liberandoli così da una parte dei pregiudizi e paure che inevitabilmente si creano nei confronti di chi è diverso, nei confronti dei profughi, rifugiati, migranti. Quando leggiamo e ascoltiamo i media che parlano di queste persone, di solito tra noi e loro si crea una certa distanza e inizamo a percepirli solo come numeri. Ma com’è quando ci troviamo nella stessa stanza con loro? Quando li guardiamo negli occhi mentre ci raccontano le loro esperienze? L’esperienza diretta è fondamentale.

 

Workshop audiovisivi

Istituto Statale Professionale Ivan Cankar, Istituto Tecnico Industriale Jurij Vega, Istituto Tecnico Commerciale Žiga Zois, Gorizia

Gli studenti sono stati introdotti alla tematica dei profughi dal regista Želimir Žilnik che attraverso il film Destinazione Serbistan e nel corso di un incontro li ha incoraggiati a prendere la telecamera e iniziare a osservare il mondo che li circonda. In collaborazione con l’Accademia delle arti dell’Università di Nova Gorica un gruppo di studenti dell’istituto tecnico Jurij Vega sta preparando una valigia del rifugiato virtuale, nella quale verranno riposti materiali diversi, dalle fotografie ai video e audio passando per la letteratura che i giovani hanno raccolto nel corso del progetto.

Mentori: Orjana Velikonja, Ivan Umer

vega kovcekScuola media Ivan Trinko, Gorizia

Gli alunni della 3.a, accompagnati dalla profesoressa capoclasse Rosanda Vovk, hanno approfondito la tematica dei profughi con la letteratura e con la visione di film, nonché con l’incontro con Vili Prinčič, un ricercatore che esplora le storie dei nostri nonni che sono stati profughi durante la prima guerra mondiale. L’esperienza più preziosa però è stata la visita al centro di accoglienza di Gabrje, dove hanno potuto conoscere la ricchezza delle diverse identità culturali dei profughi. L’incontro è stato immortalato da una registrazione che servirà per la creazione di un documentario.

Mentorji: Urban Košir, Mateja Zorn

Kovček Trinko 04 03 17 04Scuola media Prežihov Voranc, Doberdò

Durante un’escursione a Gorizia gli alunni hanno visto il film Una pelle color miele e la mostra Altrove. Oltre a questo hanno ospitato nella loro scuola di Doberdò un gruppo di profughi del centro di accoglienza di Gabrje. È in corso la creazione di un film d’animazione realizzato con la tecnica stop-motion.

Mentorji: Štefan Turk, Urban Košir, Mateja Zorn

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Scuola media Paolo Petricig, San Pietro al Natisone

Il gruppo di lavoro, composto da ragazzi delle classi prima, seconda e terza, sta realizzando un documentario (che contiene anche una breve fiction) intitolato “Pajek in Vran/Il Ragno e il Corvo”. Il lavoro si basa sui racconti di Amen Kokou Doumassi, perseguitato politico del Togo arrivato in Italia come profugo, invitato in classe per far conoscere ai ragazzi la propria esperienza e le proprie idee. Nel 2012 il Centro studi Nediža ha raccolto alcune testimonianze dei primi rifugiati giunti nelle Valli del Natisone, e tra questi c’era anche il nostro protagonista. Sono passati alcuni anni e Amen è un esempio di quella che potremmo chiamare un’integrazione riuscita: ha trovato un lavoro, una casa e la sua famiglia lo raggiungerà a breve.

Mentori: Paolo Comuzzi, Alvaro Petricig, Danijela Štekar, Mateja Zorn

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Liceo scientifico France Prešeren, Trieste

Il giovane team cinematografico sta preparando un ritratto documentario del camerunense Rony, arrivato in Italia nella primavera del 2015. Trieste è diventata la sua città, ed è qui che vorrebbe vivere. Con me ho portato la dignità e questa è ciò che mi è più caro, dice Rony.

Mentori: Jurij Gruden, Andrej Marušič, Mateja Zorn

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IN COLLABORAZIONE CON

Istituto Statale Professionale Ivan Cankar, Istituto Tecnico Industriale Jurij Vega, Istituto Tecnico Commerciale Žiga Zois, Liceo classico Primož Trubar, Scuola media Ivan Trinko, Scuola media Prežihov Voranc, Scuola media Paolo Petricig, Liceo scientifico France Prešeren

PARTNER DEL PROGETTO

Palazzo del Cinema, Casa dello studente sloveno Simon Gregorčič, Biblioteca nazionale slovena degli studi, Comune di Savogna d'Isonzo, Centro studi Nediža, Accademia delle Arti - Università di Nova Gorica

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APPROFONDIMENTO

Omnia mea mecum porto / Tutto ciò che è mio, lo porto con me, così rispose il saggio greco Biante ai propri concittadini in fuga davanti all’esercito di Ciro, che pieni di tutte le ricchezze che erano riusciti a caricarsi si meravigliavano del saggio che non portava con sé alcun bagaglio. Con il suo gesto, egli desiderava far capire che la vera ricchezza dell’uomo sta nel sapere e nella saggezza.
 

Con l’instaurazione del Fronte dell’Isonzo nel 1915, nel nostro territorio iniziò l’evacuazione della popolazione civile. Circa 190 mila persone abbandonarono le proprie case e furono trasferite all’interno del territorio asburgico o in Italia. Cosa portarono con sé i profughi, cosa dovettero abbandonare a casa e cosa avevano sempre con sé, nel cuore e nella memoria? Una canzone, un gioco da bambini, le vecchie ricette della nonna, un album di famiglia, una ninnananna, un libro…? Qualche canzone legata alla propria patria dava loro forza nei momenti difficili? La cantavano ai loro nuovi vicini? Le canzoni, i balli, i giochi, li aiutavano a stringere rapporti con le popolazioni ospitanti, a farsi capire e accettare più facilmente? La storia si ripete, ma oggi siamo noi ad accogliere i profughi di guerra. Non capiamo la loro lingua, la loro cultura, il loro sistema di valori, i loro desideri, le loro sofferenze. Forse è proprio il comune destino di profughi che può aiutarci a comprenderci meglio a vicenda.
 

La valigia è simbolo di partenza. In essa mettiamo tutto ciò che ci è più necessario. Con il nostro progetto vogliamo riempire la valigia con quella sapienza e saggezza di cui parlava il filosofo Biante, ossia con ciò che ha costruito e continua a costruire la nostra identità. Il progetto è dedicato ai giovani, che sono ancora liberi da etichette e paure. Con l’aiuto di tutor, esperti e collaboratori scientifici, analizzeremo e mostreremo che cosa ha aiutato i nostri bisnonni, nonostante le sofferenze, a conservare la propria cultura e identità, da cui traevano la forza per sopravvivere in un ambiente estraneo.
 

Con le nuove conoscenze acquisite indaghremo questi temi con i giovani profughi di oggi, che alloggiano presso il Dijaški dom di Trieste (programma Ptički brez gnezda), e riempiremo le valigie con oggetti (di ieri e di oggi) che non hanno trovato spazio nelle valigie dei profughi, nel passato come nel presente. La prima cosa che metteremo in valigia sarà il libro di Vili Prinčič V Brucku taborišču --- 1915-1918 : 2015 ob stoletnici dogajanja, che descrive alcuni dettagli della vita nei campi profughi finora rimasti sconosciuti al pubblico e agli storici, anche perché nessuno prima si era addentrato in questi argomenti. In seguito verranno aggiunti altri libri, film, lettere, fotografie dei profughi durante la Prima Guerra Mondiale e al giorno d’oggi. Con l’ausilio di film e di audiovisivi avvicineremo storie lontane nello spazio e/o nel tempo. Proprio i film, infatti, sono quello strumento che probabilmente più di ogni altro spinge i giovani alla riflessione. Perciò li utilizzeremo anche negli approcci creativi, in cui i ragazzi realizzeranno documenti e commenti tramite vari media audiovisivi (fotografia, video, installazioni).
 

I ragazzi riempiranno la valigia con tutto il materiale e le esperienze raccolte, arricchendosi così con nuove conoscenze, valori, esperienze e sentimenti, in un’epoca in cui l’Europa è scossa da nuove storie di profughi, quando alle porte dei nostri confini, delle nostre case e delle nostre coscienze bussano gli sguardi impauriti dei bambini, delle madri angosciate e degli uomini desiderosi di una vita migliore e più sicura (Petra Svoljšak, citazione dall'introduzione al libro di Vili Prinčič).

 

Progetti finali:

Scuola media Prežihov Voranc, Doberdò

Scuola media Ivan Trinko, Gorizia

Liceo scientifico France Prešeren, Trieste

Scuola media Paolo Petricig, San Pietro al Natisone