“Cenerentola in esilio” Estratto dal libro Nostro cine quotidiano
Quella di Nora Gregor è una storia difficile da credere. Sembra un tormentone da osteria, di quelli che, fra nuvoli di fumo, crescono sera dopo sera.
Incredibile la sua vita, trascorsa in continua fuga. Un perenne esilio dalla propria identità, un alternarsi continuo di opportunità e contraddizioni, sempre in bilico tra favola e tragedia, fra Cenerentola e Antigone.
Incredibile la sua carriera d’attrice, vissuta sempre al meglio, nei momenti cruciali in cui veniva costruendosi il linguaggio del cinema classico: eran Vienna e Berlino negli anni ‘20, era Hollywood agli esordi del sonoro, furono infine frange sperdute nei lampi della Seconda guerra mondiale.
Incredibile la sua carriera teatrale iniziata nel 1918, allo sprofondare degli imperi, e proseguita senza interruzioni per tutta la vita, a Salisburgo, Berlino, San Francisco sino ai trionfi negli anni ‘30 al Burgtheater di Vienna. «Bella e amabile» scrive di lei nel 1924 Béla Balázs, il grande teorico del cinema all’epoca critico teatrale. Ma di lei scrivono anche Pietro Rismondo e Alfred Polgar. Ne ricordano la fama ancor oggi storici del teatro come Marcel Prawy e registi come Otto Schenk.
La città in cui Nora Gregor è nata e cresciuta ha cancellato parti intere della propria storia, ha amputato i lembi più fertili del suo patrimonio culturale. Con il novembre del 1918 a Nora Gregor sono stati sottratti il luogo di nascita ma anche il diritto alla memoria.
Eleonora Hermina Gregor nasce il 3 febbraio 1901 a Gorizia, in via della Scala 6 e viene battezzata nella parrocchia di San Vito. I registri annotano emblematicamente il mismàs culturale della Gorizia di allora: cappellano sloveno, padrino tedesco e ostetrica italiana.
Il padre era, dice l’anagrafe, «orologiaio padrone». La madre, «di lingua tedesca», era nata in Carinzia. Quando, con il novembre del 1918, comincia la militarizzazione della Venezia Giulia per i cittadini di lingua tedesca non tira aria buona. Il valore della corona austriaca viene drasticamente dimezzato, ad onta di ogni criterio monetario. Ai residenti di lingua tedesca non vengono riconosciuti i danni di guerra né vengono concesse le agevolazioni per il ripristino di abitazioni o aziende. Esser cittadino di lingua tedesca a Gorizia, nel gennaio 1919, era peggio che esserlo di lingua slovena nell’autunno del ‘45.
Con il novembre del 1918 la stratificazione sociale della città muta radicalmente; le potenzialità della borghesia austriaca, di quella slovena ma anche di quella italiana filoaustriaca vengono negate e rimosse. La classe operaia italiana e quella slovena, educate all’austro-marxismo, vengono ammutolite. La città viene consegnata ai ceti non produttivi, subordinati all’elemosina dello Stato.
Quando la famiglia Gregor lascia Gorizia, la casa, i negozi nei primi mesi del 1919 e si trasferisce definitivamente a Vienna, la giovane Eleonora è già annotata sul «foglio di famiglia» dell’anagrafe comunale con la professione di «attrice drammatica». Una passione che le era nata precoce. Nel 1915, sfollata da Gorizia, frequentava a Klagenfurt e Graz i teatri di nascosto, senza il permesso dei genitori. Quando nel 1918 le viene offerto un ingaggio alla Renaissancebühne di Vienna il padre si oppone. Interviene Alexander Moissi, attore triestino, al tempo famosissimo: invita il genitore «a non essere d’ostacolo alla felicità e alla carriera dell’aspirante attrice». A partire dal 1918 è attiva a Vienna e Graz, Salisburgo e Monaco. Debutta al cinema nel 1921. Non assume un nome d’arte, si tiene quello che ha, aggrappandosi all’unica cosa che nel tempo non le verrà sottratta.
In un paio d’anni gira una dozzina di film, per lo più commediole e «Strauss-filme», adattamenti da operette, prima di trasferirsi, nel 1924, a Berlino. A teatro lavora con Max Reinhardt e per il cinema diventa la protagonista di Michael, diretto dal grande danese Carl Theodor Dreyer. Sulla scia delle donne fatali del cinema muto offre una solenne interpretazione, quella di una principessa, con la sua grazia affettata, le moine, gli abiti scintillanti, gli orribili cappelli e un ventaglio che viene usato come fosse un revolver.
Con l’invenzione del cinema sonoro il cinema americano ha la possibilità di confermare la sua egemonia mondiale. Per coprire ogni mercato vengono approntate edizioni in lingue diverse del medesimo film. Si moltiplicano i posti di lavoro. Nora ne approfitta. Dal 1929 al 1932 è a Hollywood; si trova accanto a mostri sacri come Norma Shearer, Lionel Barrymore, John Gilbert, Douglas Fairbanks.
È protagonista in Olympia, diretto da Jacques Feyder nel 1930, e in Ma la carne è debole, 1932, di Jack Conway. Sono parti però che non sembrano esaudire la sua ansia espressiva. Torna in Europa e dopo un paio di film fra Berlino e Vienna non accetta più le regole del gioco e molla tutto; si sposa con un principe, Ernst Rüdiger von Starhemberg che è comandante dell’Heimwehr, la milizia territoriale, ed esponente di spicco dell’autonomia politica austriaca. Nel 1934 von Starhemberg è vice di Dollfuss, il cancelliere austriaco, e, dopo l’assassinio di quest’ultimo, lo sarà con Schuschnigg.
La storia di Cenerentola finisce quando arriva Hitler, nel marzo del 1938. Von Starhemberg è leader di un partito conservatore sì ma anche autonomista e quindi antihitleriano. La famiglia Starhemberg, che è in vacanza a Davos, non può rientrare in Austria e il loro patrimonio viene requisito. Si rifugiano in Francia. Jean Renoir li conosce ad una prima teatrale a Parigi e resta colpito dalla loro storia: «Si potrebbe scrivere un romanzo sullo stato d’animo di quell’esiliata», scrive di lei nelle sue memorie.
Propone a Nora Gregor la parte di protagonista in La règle du jeu,1939. La sua interpretazione accentua l’acume politico di un film che, contrariamente a quanto accade in altri grandi film dello stesso periodo (di Marcel Carné, di Julien Duvivier...), non appoggia la sua critica sociale su una visione idealizzata dell’amore bensì mostra in tutta evidenza che le relazioni fra i sessi sono attraversate da tutte le contraddizioni della società.
Ma il capodopera di Renoir non fu compreso, fu un insuccesso e con lo scoppio della guerra ne viene proibita la circolazione. Fuori dalla Francia sarà visto solo a guerra finita. «Fra gli interpreti Marcel Dalio è un aristocratico dagli occhi cerchiati di lutto e Nora Gregor, la moglie, accompagna col passo più equivoco un viso da madonna malinconica», scrive nel maggio 1946 un Ugo Casiraghi ancora inconsapevole di dover divenire concittadino, pur virtuale, della medesima malinconica madonna.
La sua ripresa di carriera viene interrotta. La regola del gioco impone ancora una volta una fuga: nel 1940 Nora Gregor assieme al figlio Heinrich, che sarà attore produttore e scrittore, si trasferisce in Argentina. Il marito li seguirà a guerra conclusa. Nora Gregor interpreta ancora due film nel 1943, realizzati in Cile da un gruppo di esuli francesi antinazisti.
Muore suicida a Santiago del Cile il 20 gennaio 1949, nel trigesimo della morte della madre, scomparsa a Graz esattamente un mese prima. Il cinema, per lei, è stato lo spazio dell’esilio.
Autore: Sandro Scandolara
Dal libro: Nostro cine quotidiano / Naš vsakdanji kino (prima edizione: 2001, seconda edizione 2025)