Mostra del progetto Guerra di parole o silenzio rispettoso?
data: 30.04.2021
categoria: eventi
Mostra dei lavori degli alunni che hanno aderito al progetto.
I lavori degli alunni del polo liceale sloveno di Gorizia che hanno aderito ai laboratori creativi del progetto Guerra di parole o silenzio rispettoso? proposto e sviluppato interamente dal Kinoatelje.
Il progetto Guerra di parole o silenzio rispettoso? è l’ultimo nella serie dei progetti educativi firmati dal Kinoatelje con il quale l’associazione propone approcci d’insegnamento innovativi che tramite l’apprendimento del passato e la storia porta a comprendere il presente. Il progetto è stato ideato con il desiderio di fornire ai nostri "eredi" gli strumenti per indagare a fondo l’eredità del Novecento, più precisamente del periodo tra le due guerre mondiali, segnato dal fascismo e dallo sgretolarsi dei rapporti tra gli Sloveni e gli Italiani. Inoltre, se si propone l’apprendimento di questi temi difficili con l'aiuto dell'arte, ad esempio attraverso il mezzo cinematografico, l'apprendimento è molto più interessante e vivo e facilita l'acquisizione di nuove conoscenze. La connessione interdisciplinare tra storia, etica, educazione civica, filosofia, arte, lingua slovena e altro ancora, è un buon punto di partenza per rafforzare il pensiero critico e, di conseguenza, plasmare la propria opinione. Nei laboratori creativi, che si sono svolti online, con l’aiuto dei mentori, gli studenti hanno acquisito conoscenze pratiche e imparato la storia anche attraverso l'arte.
Maggiori informazioni sul progetto e il materiale audiovisivo.
Le pagine giornalistiche per i giornali Primorski dnevnik e Novi glas, preparate dagli alunni.
LABORATORIO DI VIGNETTE
Il laboratorio è stato guidato da Leo Černic e Mateja Zorn
Agatha Možina
Carol Radivo
Giulia Sartori
Sanja Volčič
Sara Cingolani
LABORATORIO DI FOTOGRAFIA
Il laboratorio è stato guidato da Urban Košir e Mateja Zorn
"Se non lo chiedi non lo saprai mai con certezza e se non lo saprai mai
la tua testa non smetterà mai di pensare.
Fa male pensare troppo.
Fa male tanto da distruggerti."
Che senso ha stare in silenzio?
A volte e più semplice, ma non significa che faccia meno male.
Tu mi guardi con odio, con mancanza di rispetto o con semplicemente con indifferenza, ogni volta che mi vedi.
E io non so perché, non so cosa ti ho fatto per meritarmi quel tipo di sguardo.
Non mi hai mai detto in faccia che non mi sopporti, che non puoi vedermi.
Allora perché?
A questo punto non so se è solo una mia impressione o e la realtà, però queste domande mi distruggono.
"Perché?"
"Cosa ho fatto di sbagliato?"
"Mi odi o è solo una mia impressione?"
"Perché non me lo vuoi dire?"
"Se non lo chiedi non lo saprai mai con certezza e se non lo saprai mai la tua testa non smetterà mai di pensare.
Fa male pensare troppo.
Fa male tanto da distruggerti."
A volte è meglio ricevere uno schiaffo che il niente assoluto, ma adesso tutti stanno in silenzio e anche il ragazzo dal carattere forte ha smesso di parlare e mentre tengo la testa appoggiata sul banco ripeto a me stessa che io non sono questo... Non sono questo, ma tanto che senso a ripetermelo se qui non ho nessuno a cui dimostrarlo.
Vorrei tanto che tutto questo finisse il prima possibile...
"Scusami"
Può bastare a perdonare una persona, che ti ha fatto tanto male?
Molto probabilmente no, ma forse può incominciare a farlo nel momento in cui te lo ripete ogni giorno, ma non ha parole, a piccoli gesti.
Che senso ha stare il silenzio?
Se tu l'avessi fatto adesso io non ti avrei mai perdonato.
Foto e testo: Anna Michelon
Non ho mai fatto caso a tutti i fatti storici, che compongono la mia famiglia.
Quella che ha la foto in mano è mia nonna.
Quello in foto è suo padre.
Da giovane era iscritto al partito fascista anche se per metà era croato e l’infanzia l’ha trascorsa proprio in quel paese, in cui è nata anche mia nonna.
Mia nonna è nata a Pisino e pochi anni dopo arrivarono i tedeschi.
Entrarono in paese sparando.
Sapevano che in quel paesino c'erano dei partigiani e l’obiettivo era quello di eliminarli.
Non era vero però.
Non lo erano tutti.
Un ragazzo all’arrivo delle truppe si sporse dalla finestra. Quel ragazzo era fascista e aprendo la finestra voleva festeggiare l’arrivo di quelli, che lui vedeva come suoi alleati.
Lui li vedeva così e anche loro lo videro, ma come un nemico.
Quel giorno quel ragazzo morì, gli spararono.
Presero e ammassarono insieme molte persone semplicemente, perché camminavano per strada.
Volevano mettere tutti in prigione per poi deportarli.
Tra quegli sfortunati c’era anche quella signora, che aveva un nome, ma mia nonna la chiamava mamma.
Stavano per metterla in carcere, ma il mio bisnonno riuscì a spiegare al soldato tedesco che lui era un ufficiale fascista e che quella lì era sua moglie e così la lasciarono andare.
La stessa sorte non toccò a tutti quelli, che entrarono in quell’edificio.
Io sono qui oggi grazie ad un ufficiale fascista.
Mia nonna è nata a Pisino, ma sua madre la portò in Italia quando era ancora bambina assieme a sua sorella.
Mia nonna, mia zia e la mia bisnonna hanno dei nomi, ma la storia le chiama esuli.
Esuli italiane, che dopo la vittoria del comunismo scapparono dalla Croazia per paura delle persecuzioni.
Mia nonna era molto piccola, quando suo padre morì.
Forse lui finì in uno di quei luoghi, che la storia chiama foibe, ma noi non lo sapremo mai.
Mia nonna era piccola quando lui morì, quindi non ha tanti ricordi di lui, però dice sempre che i suoi amici lo consideravano una persona molto simpatica e per niente irrispettosa nei confronti di chi non condivideva le sue idee politiche.
Mia nonna ha un nome, ma la storia la chiama orfana di guerra e un padre anche se fascista è pur sempre un padre. Un padre è indispensabile nella vita di sua figlia.
Non ho mai fatto caso a tutti i fatti storici che compongono la mia famiglia.
Quella che sta scrivendo è anche mia nonna.
La nonna, che porta il mio stesso nome.
Lei fa parte di quel gruppo di persone, che tutt'oggi ci chiamiamo slovenska manjšina.
I suoi genitori avevano un cognome, ma il fascismo ha deciso che quel cognome non andava più bene.
I suoi genitori si chiamavano Lukežič, ma poi hanno dovuto imparare a chiamarsi Lucchesi.
Un cognome, che non è tuo, da oggi lo sarà.
Un cognome, che non ti rappresenta, da oggi dovrà farlo.
Non è il suo cognome, ma lei tutt'oggi si firma così.
Non è il loro cognome, ma tante persone tutt'oggi si firmano con un cognome senza la š, ž o č oppure con un cognome completamente diverso come nel caso di mia nonna.
La storia ha cercato di portarle via la sua identità.
La storia... La guerra ha portato via a tutti qualcosa.
L'identità culturale, la possibilità di crescere giocando con un padre.
Ci siamo fatti tanto male a vicenda, adesso potremmo smetterla di farlo ancora nelle piccole cose?
Foto e testo: Anna Michelon
Ci sono tante cose che vorrei dire. Devo tacere. Forse è per il meglio.
Foto: Beatrice Devetak
La natura copre le cicatrici della guerra.
Foto: Jasna Brecelj
Sono un soldato sul fronte isontino. Qui, sono solamente un numero e lo sono da così tanto tempo che non ha senso cercare di ricordare il momento nel quale lo sono diventato. Tutti i sentimenti di felicità e gioia della vita mi hanno abbandonato. Tutto ciò che mi rimane è il vuoto, la paura e l’adrenalina. Non so cosa ne sarà di me. L'unica cosa che ancora so è che devo correre. Corro incessantemente: all’attacco dalla trincea o per ritirarmici dentro. Corro per sopravvivere, per la vita, poiché questo è l'unico valore che mi resta.
Foto e testo: Makrina Quinzi
LABORATORIO VIDEO
Il laboratorio è stato guidato da Urban Košir e Mateja Zorn
Video: Luka Pahor
Video: Mila Clapiz
RELAZIONI DEL GRUPPO ARCHIVISTICO
Il laboratorio è stato guidato da Boštjan Cigoj
LE POESIE DEGLI ALUNNI
Le attività del progetto e i film proposti sono stati una forte fonte d'ispirazione per alcuni che hanno voluto travasare i propri sentimenti nei versi poetici.
ALTRE VIGNETTE CREATE DURANTE IL PROGETTO
Agatha Možina
Agatha Možina
Ervin Hladnik Milharčič
Carol Radivo
Giulia Terrana
Mila Clapiz
Ervin Hladnik Milharčič
Beatrice Devetak
Sanja Volčič
Virginia Bonato