Ritorni
data: 28.11.2015
categoria: notizie
Dopo una lunga serie di prime volte, coincise con le precedenti tappe del Premio Darko Bratina 2015, per Villi Hermann è giunta la volta di un ritorno. Trieste, infatti – teatro della sesta e penultima data della manifestazione del Kinoatelje – aveva già ospitato il regista nel 2005, in occasione di una retrospettiva dedicatagli all'interno del Trieste Film Festival, come ha ricordato Nicoletta Romeo presentando l'ospite al pubblico del Teatro Miela.
La serata si è aperta con la prima italiana della copia restaurata di Matlosa (1981), film caratterizzato a sua volta da una serie di ritorni. Un'idea di circolarità che è sia formale, in virtù delle scelte di regia (“Per preparare l'ultima scena abbiamo impiegato due giorni, lavorando sui movimenti di macchina, sulla luce...”), sia contenutistica, nella vicenda di un uomo alle prese con il proprio passato. Protagonista Omero Antonutti, che, al pari di Flavio Bucci, è stato lodato da Hermann: “Gli attori teatrali hanno talora la tendenza a strafare, ma loro due sono stati molto bravi a fornire un'interpretazione trattenuta.” Tutto il film vive in realtà all'insegna di un certo minimalismo: dalla scelta del soggetto – tratto da un racconto di Giovanni Orelli – alla cura della colonna sonora, in cui hanno pari importanza lo score originale di Enzo Jannacci, i silenzi e l'utilizzo dei rumori ambientali, in particolare di quello che il regista definisce “il suono del lavoro”.
A stendere un filo tra Matlosa ed il successivo Bankomatt, proiettato a seguire, due elementi: il fatto che si tratti di lungometraggi di finzione (esempi rari nella filmografia del ticinese) e la presenza di Antonutti: “La tappa triestina era stata programmata con l'idea di averlo nostro ospite,” ha spiegato Nicola Falcinella, critico e collaboratore del Premio, “ma purtroppo, dopo averci raggiunto a Gorizia giovedì in occasione della premiazione, impegni di lavoro gli hanno impedito di essere qui stasera. Comunque, con il cuore è insieme a noi.” Insieme a lui in Bankomatt, invece, Bruno Ganz (“Scoprii che con la madre, italiana, parlava in dialetto bergamasco: quindi decidemmo di non doppiarlo”, spiega Hermann) e una giovane Francesca Neri (“Andai a Roma in cerca di un'attrice e programmai diversi incontri la mattina presto con potenziali candidate: lei fu l'unica che si presentò in orario”). La storia tocca il tema di quelli che in Svizzera vengono definiti secondos, cioé gli immigrati di seconda generazione, e ruota intorno ad un colpo in banca.
“D'altra parte, “ ironizza il regista, “chi di noi non ha mai sognato di derubare una banca svizzera senza sparare nemmeno un colpo?”
Spazio all'Hermann più recente, documentario e 'artistico', invece, nell'ultima tappa del Premio, prevista per le 20 di stasera al Visionario di Udine: in programma c'è Gotthard Schuh. Una visione sensuale del mondo.